La condanna per taccheggio non impedisce il rilascio del permesso di soggiorno
Consiglio di Stato, sent. n. 3569/16 del 10.08.2016
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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L’appellante è entrato in Italia da minorenne per ricongiungimento familiare con il padre, ha frequentato un corso conseguendo una qualifica professionale e poi lavorando saltuariamente, fino a chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 5, comma 5, la condanna per uno dei reati contemplati dall’art. 380 c.p.p. (e tale è il furto aggravato, ex art. 625, n. 2, c.p., quali che siano gli specifici connotati della condotta, non potendosi rivalutare in questa sede, nonostante l’evidente tenuità del danno causato, la qualificazione del fatto e l’attribuzione delle circostanze aggravanti o attenuanti operate dal giudice penale) assume valore automaticamente ostativo soltanto in mancanza di legami familiari dello straniero in Italia.
Viceversa, in presenza di legami familiari, la condanna diviene soltanto uno degli elementi che, in base a quanto previsto dall’ultimo periodo del citato comma 5, devono essere considerati, nell’ambito di una complessiva valutazione discrezionale volta ad accertare il positivo inserimento dello straniero nella società italiana oppure la sua pericolosità sociale (cfr., in ultimo, Cons. Stato, III, n. 1837/2016; n. 1468/2016; n. 590/2016).
Anche la mancanza di un reddito proprio non potrebbe risultare sufficiente a motivare il diniego.
Infatti, se è indubbio che il possesso di un adeguato reddito proveniente da fonti lecite costituisca requisito del soggiorno in Italia, deve anche ritenersi che la sussistenza del requisito debba essere considerata con riferimento al contesto familiare.
https://avvmichelespadaro.wordpress.com/2024/03/23/la-condanna-per-taccheggio-non-impedisce-il-rilascio-del-permesso-di-soggiorno/
https://youtu.be/nc_eZ242fX8
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