E’ quanto chiarito dalla Terza Sezione civile della Cassazione nella sentenza 6390 del 15 marzo 2018.
Nella vicenda in esame, la titolare di un contratto di sublocazione aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, avente ad oggetto il pagamento di alcuni canoni scaduti. Sebbene il contratto principale di locazione tra parte opposta e proprietario fosse stato prorogato, l’opponente deduceva l’inesistenza di quello di sublocazione, in quanto tale contratto era scaduto e non era stato investito da detto rinnovo. Il Tribunale di prime cure accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, decisione poi riformata dalla Corte di merito.
La donna ricorreva per cassazione, rilevando che, sebbene la sublocazione sia un rapporto di locazione derivato dal contratto di locazione originale, per cui il sublocatario “deve subire la regolamentazione pattizia che ha ab origine accettato in ragione del contratto principale da cui dipende la sublocazione”, poi non potrà esser costretto a subire le modifiche del rapporto principale alle quali il subconduttore non abbia aderito.
In effetti, se quest’ultimo dovesse sottostare alle modifiche contrattuali stabilite da locatore e conduttore del contratto originale, dunque anche alla proroga del contratto, con i relativi oneri, si verrebbe così a delineare una situazione di vantaggio rimessa all’arbitrio del sublocatore a danno del subconduttore. A tal riguardo, l’art. 1595 c.c. prevede che la nullità o risoluzione del contratto di locazione non devono pregiudicare la posizione del subconduttore, e da ciò si desume che il rinnovo del contratto di locazione è inefficace nei confronti di quest’ultimo.
La Suprema Corte ha precisato che, seppur il contratto di sublocazione sia collegato a quello di locazione, ciò non dà luogo ad un contratto unico, ma ad una pluralità coordinata di contratti, che dunque rimangono entità negoziali autonome. Il contratto principale non ha effetto di “governo” su quello collegato, per cui le parti del rapporto principale non hanno autonomia negoziale relativamente a quest’ultimo; in effetti, non sono ammessi accordi tra locatore e sublocatore che possano essere stipulati esclusivamente per modificare il contenuto di un contratto di sublocazione avente ad oggetto lo stesso immobile, in quanto da ciò potrebbe derivare per il subconduttore un pregiudizio.
Pertanto, la Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza con rinvio alla Corte d'appello che dovrà decidere la questione attenendosi al principio secondo cui “nel caso in cui ad un contratto di locazione sia collegato come contratto derivato un contratto di sublocazione avente in quanto tale ad oggetto, totalmente o parzialmente, lo stesso bene oggetto del contratto principale, l'autonomia negoziale delle parti del contratto locatizio non si estende a disciplinare il regolamento negoziale del contratto derivato”.